La fondazione del convento di San Francesco di Padula, testimonianza preziosa di fede e di arte, fu voluta da Giovanni Tommaso Sanseverino “conte di Marsico ed utile signore della Padula che nutriva grande benevolenza verso l’Ordine dei Minori Francescani”.
Al suddetto Ordine il convento verrà affidato nel 1422 con bolla papale emanata da Martino V.
Monsignor A.Sacco nella sua opera “La Certosa di Padula” (pag 94 vol.III), riferisce che, da un documento conservato nell’archivio della Certosa, risulta che i lavori iniziarono nel 1380.
Una costruzione che rifletterà gli stili del tempo, il romanico ed il gotico, e che subirà nei secoli molti restauri e varie influenze artistiche, come quella rinascimentale, nel caso della facciata della chiesa con le sue quattro colonne e capitelli di pregevole fattura, e l’influenza barocca, molto evidente al suo interno.
Il CHIOSTRO del convento è a forma quadrata con 24 colonne romaniche in pietra di Padula; su alcune basi e capitelli sono riportati gli stemmi delle famiglie aristocratiche del tempo: d’Avalos, Sanseverino, Cardona.
Scolpiti sull’abaco di un capitello più prossimo all’ingresso, i nomi Jhesus, Maria e l’anno in cui terminarono i lavori A.D.MCCCCLIIII (1454).
Entrando a sinistra, impressa su pietra, la frase “ Huc intrare cave-nisi prius dixeris Ave”: guardati dall’entrare qui se prima non hai detto AVE.
Ancora nel chiostro si può ammirare il grande portale in pietra di Padula che porta in cantina, sul quale è incisa in greco e in latino, l’iscrizione socratica “Conosci te stesso”, invito ad una profonda riflessione interiore, condizione indispensabile per elevare l’animo umano.
Le volte a crociera del chiostro sono di stile gotico; le lunette e le vele dei portici erano tutte affrescate. Sulla base della prima vela l’iscrizione:
”Hoc totum opus pinxit M. Octavius Paparus ebolitanus A.D. 1594”.
Si trattava di affreschi devozionali dedicati alla vita di San Francesco con un impianto iconografico comune ai chiostri dei conventi francescani di Eboli e di Polla. Tre cicli pittorici affidati all’artista “di fiducia” dei frati, Ottavio Paparo.
La CHIESA, dedicata a San Francesco di Assisi, risulta essere l’unica a Padula ad avere un atrio davanti all’ingresso, caratterizzato da un magnifico portale in pietra, datato 1645. Tre le parti che la compongono: ABSIDE, NAVATA CENTRALE, NAVATA LATERALE.
Nell’ABSIDE, le cui volte a crociera con costoloni convergono verso uno scudo azzurro attraversato da una fascia rossa (lo stemma dei Sanseverino), sono raffigurate scene dell’Antico Testamento. Un tripudio di colori,di emozioni,di mirabile bellezza che lascia senza fiato.
In fondo, al centro, la rappresentazione della nascita di Cristo, evento di salvezza e centro della storia. In alto la vetrata istoriata (1975) con Cristo sulla croce.
A sinistra dell’abside un’epigrafe in latino ci ricorda il terribile terremoto del 1857 che distrusse gran parte del convento. Il coro, commissionato da Padre Giulio Grimaldi,è opera di Domenico Caiafa(1929). Precedentemente coperto dall’antico altare maggiore oggi costituisce uno sfondo suggestivo per la chiesa.
L’attuale sistemazione dell’altare maggiore venne eseguita nel 1973 utilizzando I vari elementi di quello vecchio: mensa dell’altare, tabernacolo e ambone sistemati secondo le nuove esigenze liturgiche.
L’arco maggiore è sorretto da due capitelli su cui sono raffigurate due teste, un uomo e una donna che porta l’indice alla bocca.
Sugli stessi capitelli, dalla parte opposta, due teste giovanili (forse i Sanseverino).
Al di qua dell’arco absidale sono collocate nelle nicchie due statue in legno, San Vito con il cane(seconda metà XVIsec) e San Donato,vescovo di Arezzo,(inizio XVII sec.) testimonianze di un connubio perfetto fra classicismo e manierismo,attribuite alla bottega di Francesco Mollica.
Sulla parte alta dell’arco è raffigurato l’arcangelo Gabriele con Maria che accetta l’invito ad accogliere il verbo di Dio nel suo seno verginale.
Con l’Annunciazione inizia dunque la seconda parte della storia del Cristianesimo, il Nuovo Testamento, il cui ciclo è sapientemente raffigurato nell’ordine superiore delle pareti laterali della NAVATA CENTRALE in dieci grandi affreschi (1715). Partendo da destra,la Visitazione,la Natività,la Circoncisione,l’Adorazione dei Magi,la Vergine con il Bambino addormentato e sull’altra parete tornando verso l’altare si può ammirare l’Annuncio della fuga in Egitto,la Fuga in Egitto,la Strage degli Innocenti,Gesù fra I dottori,la Cacciata dei mercanti dal tempio.
L’autore è Anselmo Palmieri, pittore abate di Polla che nel secolo XVIII contribuirà non poco ad arricchire, insieme ad altri artisti locali, il patrimonio artistico del Vallo di Diano.
L’ampia decorazione a motivi floreali e cherubini che arricchisce significativamente l’intera chiesa e I medaglioni architettonici con I santi dell’Ordine sono opera di Francesco De Martino di Buonabitacolo (1713).
La navata é scandita da sei altari, tre per lato, nelle cui nicchie si possono ammirare partendo da destra, Sant’Antonio Abate, Santa Lucia e l’Immacolata, patrona dell’intero Ordine Francescano.
A sinistra, San Diego d’Alcalà, laico francescano, San Antonio di Padova e la statua settecentesca di San Francesco che contempla il crocifisso, profondamente amata dai fedeli del luogo.
Il soffitto originale (1643), crollato con il terremoto del 1857, era impreziosito da otto tele ad olio disposte a forma di croce; oggi si presenta a finti cassettoni ed è databile 1861.
La cantoria ospita un grandioso organo dei primi del ‘900, dotato di due manuali di cinque ottave e di una pedaliera. Nel 1954 l’organo verrà elettrificato sfruttando il mantice del vecchio mediante un motore elettrico.
Le vetrate artistiche di Giuseppe Nenci di Siena, datano 1975 e ci ricordano del Santo in alcuni momenti salienti della sua vita.
Il 24 maggio 1939 furono costruiti i tre confessionali dal falegname, scultore Vincenzo Breglia, insieme al magnifico pulpito in mogano che sembra essere sorretto da un’aquila (1940).
Nello stesso anno fu acquistato il crocifisso d’argento per la statua di San Francesco, e scolpita la balaustra in pietra da Bruno Gallo.
La NAVATA LATERALE, costruita come supporto di quella centrale, ridimensionata nel 1857, conserva il suo stile gotico originario.Nel 1926 fu rifatto il pavimento a ricordo del transito di San Francesco(settimo centenario).
Ha sei bellissime cappelle: la prima, a sinistra di chi entra, é dedicata alla MADONNA DELLE GRAZIE la cui devozione è ricordata da Padre Bonaventura d’Atina nel 1693: “miracolosa e devota che alletta e invaghisce ed è custodita con grande devozione ed onore”.
Sull’altare possiamo ammirare una statua lignea cinquecentesca di Maria che allatta il bambino, attribuita alla bottega di Giovanni da Nola, protagonista illustre della scultura napoletana del tempo ed autore del pregevole gruppo scultoreo “Il Compianto sul Cristo Morto” realizzato per la chiesa della SS. Pieta’ di Teggiano.
La seconda cappella custodisce l’INCORONAZIONE DELLA VERGINE (XV sec), un affresco riportato alla luce durante i restauri seguiti al terremoto del 1980. In precedenza la cappella, dedicata a Sant’Anna, era impreziosita da una tela sull’altare raffigurante Maria con il Bambino fra i santi Gioacchino ed Anna che regge la Bibbia, Giuseppe, Lorenzo e Brunone. Attualmente il dipinto è conservato in un altro ambiente del convento.
Attraverso un arco a sesto acuto con due affreschi laterali raffiguranti San Sebastiano e San Leonardo, si entra nella cappella del CROCIFISSO, come si rileva dalla meravigliosa statua lignea di età barocca la cui potenza del corpo del Salvatore si coniuga con la visione del Christus Triumphans.
In realtà si tratta di un’intera parete organizzata come una grande macchina d’altare ornata da stucchi e volute con quattro nicchie nelle quali oggi si possono ammirare solo due mezzi busti, San Giovanni Evangelista e il Centurione; le altre due erano occupate da Maria Maddalena e Maria di Cleofa.
La quarta cappella invece è consacrata al SACRO CUORE DI GESÙ ed ospita ai lati dell’altare due pregevoli statue lignee policrome (Bottega degli Alemanno XV sec), Santa Caterina d’Alessandria e Maria Maddalena che regge un vaso di profumi, per ricordare il suo gesto narrato nel Vangelo.
Sull’altare della cappella dell’ADDOLORATA una tela meravigliosa testimonia la presenza rilevante della cultura barocca a Padula: si tratta della Pietà di Giuseppe Simonelli (XVII sec ), noto collaboratore di Luca Giordano, la cui firma è venuta fuori durante il restauro dell’opera alcuni anni fa.
In alto, una volta rettangolare con un dipinto di una grande croce sorretta da una schiera di angeli termina ai quattro lati con tante lunette sulle quali sono raffigurati oggetti e strumenti che ricordano episodi della Passione di Cristo.
Nella sesta cappella, dedicata a SANTA MARIA DEGLI ANGELI, un grande architrave e due colonne di legno con artistici intagli ricoperti da oro zecchino fanno da cornice ad una splendida opera, la Madonna degli Angeli tra i Santi Francesco e Caterina d’Alessandria (olio su tela cm. 270×196), attribuita a Giovan Vincenzo Forlì, e portata a compimento intorno al 1595. Il dipinto fu commissionato dagli eredi di Lucrezia del Tufo, moglie di Cesare d’Avalos d’Aragona, marchese di Padula dal 1578 al 1603.
Sul pavimento in maioliche di Capodimonte del 1850 si apre il sepolcreto di detta famiglia, ornato di stemma. Questa cappella conservava in un’urna dorata le reliquie di Santa Sabina, che dal cimitero di Sant’Agnese in Roma, vennero traslate a Padula nel 1851.Tale urna è custodita attualmente in un locale al piano superiore del convento.
Uscendo dalla chiesa possiamo ammirare il CAMPANILE, ricostruito nel 1864, e rivestito nella cupola terminale da piastrelle di ceramica variopinte con quattro aperture a tutto sesto; è in stile romanico con la cuspide orientaleggiante. Ha tre campane di cui la più grande, opera del campanaro Mercurio di Missanello, fu donata nel 1556 da Maria Cardona, ultima marchesa di Padula.
Il convento ha due piani: al piano terra era ubicata la farmacia, gestita dal laico padulese De Ciutiis, speziale del paese. Attualmente vi troviamo la cucina, il refettorio, le aule per il servizio pastorale e la biblioteca, che nel 1908 contava libri di morale, di diritto, di catechesi, di storie del francescanesimo.
Al primo piano le celle, sette delle quali oggi sono ristrutturate e destinate a casa di accoglienza.
Da ultimo il giardino e l’orto, che risale agli inizi del ‘700 e che si estende per circa un ettaro. In questo luogo ameno sono state rinvenute presenze archeologiche, oggi conservate presso il Museo provinciale nella Certosa di San Lorenzo.
In un’atmosfera di preghiera, di culto, di silenzio, un tiglio secolare (550 anni), riconosciuto “Albero Monumentale” dalla Regione Campania da tutelare e difendere, guarda verso il convento, fiero e consapevole di far parte, insieme ad esso, del prezioso patrimonio ambientale, culturale ed artistico del nostro territorio.
Emma Russo
Storico dell’Arte